martes, 14 de septiembre de 2010

FE Y RAZÓN EN JUAN DUNS SCOTO


ISIDORO GUZMÁN MANZANO, Fe y razón en Juan Duns Escoto. Edición bilingüey versión española del "Prólogo" -Juan Ortín García. Edición di Francisco Martínez Fresneda (Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia OFM. Serie Mayor, 50), Espigas, Murcia 2009, pp. 282.


(ORLANDO TODlSCO en Miscellanea Francescana 110, 2010)

Docente all'Antonianum di Roma e all'Istituto Teologico di Murcia, Manzano è stato un apprezzato studioso del Medioevo e in particolare di Scoto, Il volume in esame è l'omaggio dei suoi confratelli alla sua memoria, omaggio che, attraverso questa recensione, la Facoltá San Bonaventura vuole a sua volta rendere all'eminente francescano, prematurament escomparso.
Al centro dei sei capitoli, in cui il volume si articola, c'è la tematica della prima parte del Prologo all'Ordinatio, pubblicata in appendice in edizione bilingue. Con escursioni di varia natura e con grande intensità teoretica, l'autore dimostra che I'interrogativo, con il quale Scoto apre tale prologo all'Ordinatio, se (utrum) la rivelazione sia necessaria nello stato attuale, non è ozioso, ma grandemente significativo. L'ipotesi averroistica dell'autosufficienza di ció che è "naturale" e del carattere "ideologico" di conoscenze proveniente da altre sorgenti, è sullo sfondo di queste pagine introduttive all'Opus magnum, che Manzano ha il merito di richiamare e porre in primo piano. II pregiudizio che egli scalza è che non ci sarebbe nulla che non si possa spiegare sul solo piano dell’intelligenza profana, rispetto alla quale la rivelazione prima e la teologia poi risulterebbero superflue o forse ingombranti: la rivelazione è un insieme di "fabulae" e la teologia una costruzione su dati estranei all'intellelto. Compendio di questo orientamento è il detto, che circolava tra gli studenti della Facoltá delle Arti:«Non plus scitur propter scire theologiam», Ma è, forse, vero –è l'interrogativo al centro dell'articolata argomentazione del volume -che la ratio non è altra cosa dall'auctoritas, che tale auctoritas, rappresentata da Aristotele, fa tutt'uno con la ratio, sicché non c'é auctoritas fuori della ratio?
Tommaso aveva sostenuto l'autonomia del mondo profano, vincolato dal proprio statuto a espandersi in un certo modo, e teorizzato l'autonomia della filosofia, con in sé la norma autocorrettiva, grazie a cui si armonizza con gli altri versanti e si porta a Dio. In nome di questa sua lógica interna, la filosofía apre alla teologia e questa si impone come necessaria per la salvezza, non riducibile alla teologia naturale di Aristotele e tuttavia propriamente scientifica, perché fornita di «principia a Deo revelata», e dunque oltre ogni dubbio. Ebbene, se Tommaso si muove inquesta logica concordataria e ascensiva, Manzano ben dimostra che Scoto non si propone di costruire ponti tra la ratio e I'auctoritas, tra la scientia della philosophia (metafísica) e la scientia della revelatio (teologia). Seoto vuole definire gli ambiti della metafísica e della teologia e dunque indicarne la "distinzione", alla luce della puntualizzazione che I'una parla dell'ente non in quanto Dio ma in quanto ente, l'altra di Dio non come ente ma «ut haec essentia». Il discorso metafisico non è il discorso teologico, anche se entrambi necessari, ma non l'uno prologo dell ' altro.
Solo la metafisica é scienza teoretica o anche scientia tout court, nel senso che è il dispiegamento razionale di ciò che tutte le scienze non possono non presupporre. È la regina scientiarum o scientia scientiarum, dal momento che non presuppone alcunché, e per tanto scienza in senso rigoroso. II modello di scientificita del pensare metafisico, de-teologizzato e, dal versante opposto, de-fisicizzato, è il modello euclideo di segno propriamente deduttivo. Il suo regno non è Dio, di cui si occupa la teologia, né il mondo, di cui si occupa la cosmologia. Quello metafisico è un regno assolutamente puro, come lo spazio euclideo, e riguarda tutto ciò che a qualunque titolo è. È il regno dell'ente in quanto ente, non di questo o di quello, ma dell'essere-come-tale. Il filosofo non si occupa né di Dio né delle realta fisiche. L'apriori è il vero e proprio clima dell'intelletto filosofico-metafisico, e l'atteggiamento deduttivo il suo metodo. L'essere, concetto semplice e originario, è comune a tutto, è superiore a tutti, è predicabile in modo univoco di tutto. Questo ente in quanto ente, «cui non repugnat esse», dice pura possibilità a essere o meglio, «aptitudo ad existendum». Dunque, la metafisica è la scienza suprema, e questa non conduce da nessuna parte, poiché si risolve nella pura possibilitá oggettiva. La rete dispiegata conferma che si tratta di una natura, di un'essenza che nella sua comunanza è neutra e indiferente a qualsiasi determinazione. È l'esile mondo del compatibile, del possibile, del non-contraddittorio, che non esclude nulla e che è presupposto da tutto.
È per quanto concerne la teologia? Il passaggio dal possibile al reale, dall'universale al singolare e dunque I'attingimento di ciò che si è e del come e del perché si viva in un certo modo, tutto questo costituisce una tematica estranea alla metafisica. Per il chiarimento di questo territorio e per I'approdo finale è necessaria la teologia e prima la rivelazione, grazie a cui I'orizzonte si dilata, ben oltre quello metafisico, di segno universale e comune a ogni sapere. La teologia è un sapere particolare che ha la sua logica e la sua fonte, e cioè è forma superiore di sapientia, non scienza teoretica, non bios theoretikos, con finalità eminentemente pratiche. La teologia è rivolta alla praxis (cf. la pars quarta del Prologo: " De theologia ut scientia"). Da questo punto di vista Scoto è vicino a Bonaventura, per il quale la «theologia est ut boni fiamus», ed e oltre Tommaso, per il quale è speculativa e pratica. Se per Aristotele le scienze sono speculative (fisica, matematica, metafisica) o pratiche (economia, politica, etica), per Tommaso c'è solo una scienza che è speculativa e pratica insieme, ed è appunto la teologia, scienza rigorosa come tutte le altre e insieme guida verso la salvezza. Il francescano è perplesso davanti a una simile costruzione speculativa e davanti alla tesi che una costruzione speculativa, propriamente tale, possa essere anche pratica, persuaso che le verità teologiche siano «pratiche», nel senso che alludono a un piano di vita, e dunque si estendano alla praxis «relatione aptitudinali» (Prol. n. 237). Il compito della teologia è la salvezza, non la speculazione, per cui deve dirsi «aptitudinaliter scientia practica», non "teoretica".
Ricordando con affettuosa stima l'autore, amico di vecchia data, si fa notare che nella prossima edizione è opportuno che il sottotitolo venga meglio precisato, dal momento che si tratta dell'edizione bilingue non del Prologo, ma della prima parte - il Prologo, infatti, si articola in cinque parti.

LA EDUCACIÓN PARA LA CONVIVENCIA EN UNA SOCIEDAD PLURAL


Pedro ORTEGA RUIZ, La educación para la convivencia en una sociedad plural, Murcia, Instituto Teológico de Murcia OFM -Ed. Espigas –Universidad de Murcia (Cuadernos de Teología Fundamental. n. 6). Murcia 2010,21x 13,5, 78 pp.


(Manuel Lázaro Pulido en Naturaleza y Gracia 57, 2010)
Ha salido a la luz el sexto número de la colección "Cuadernos de Teología Fundamental", del Instituto Teológico Franciscano de Murcia, centro agregado de teología fundamental de la Pontificia Universidad Antonianum de Roma. Siguiendo la línea editorial de la colección, se trata en libertad y con profundidad temas que afectan al ser humano que constituye el Pueblo de Dios. En este caso, desde la cultura y más concretamente, la educación como instrumento de convivencia en la cultura plural (7-8) que caracteriza el mundo actual. Nueve apartados tras la "Introducción" se dedican a ese fin. Los tres primeros reparan en el contexto de las sociedades occidentales que el autor caracteriza como plurales: el escenario de la inmigración; la integración, ¿en qué sociedad?; cultura e identidad cultural. Los cinco siguientes -La orientación "culturalista'' en la educación intercultural; educar en y desde la experiencia; otra educación; narración y experiencia en la educación intercultural, y propuestas educativas profundizan en aspectos más específicamente educativos y se clausura el texto con una consideraciones finales y las "Referencias bibliográficas" (69-78). El carácter educativo del texto no puede extrañar, pues su autor es Catedrático de Teoría e Historia de la Educación en la Facultad de Educación de la Universidad de Murcia, y que, en esta búsqueda a las respuestas educativas no falten pensamientos filosófico-sociológicos, tampoco extraña cuando se conoce su propia bibliografía no exenta de estudios sobre el contexto social de la educación y la reflexión de conceptos de la moral y las emociones en algunos filósofos como Adorno o Lévinas por citar algunos. El tema elegido tampoco es novedad, publicó un trabajo junto a otros autores (J. A. Jordán y R. Mínguez) titulado "Educación intercultural y sociedad plural" en la Revista Teoría de la Educación. Revista Interuniversitaria [14 (2002) 93-119J. En él ya aparecían cienos aspectos tratados en este escrito, lógicamente actualizados con el paso del tiempo, pero no de una forma revolucionaria. Los temas son tratados desde el enfoque de la interculturalidad como lugar de aproximación, laboratorio humano de aprendizaje desde un análisis sociológico con base a una antropología de la alteridad (por otra parte y como hemos dicho conocida por él). Una antropología que no aparece del todo tratada.
En fin, nos encontramos con un buen libro, crítico con ciertas posiciones decimonónicas respecto a la interculturalidad, con modernos planteamientos desde la interculturalidad... útil, si la interculturalidad fuera un modelo hermenéutico plausible para explicar las sociedades contemporáneas del siglo XXI, lo que es más comprometido. Eso supondría dar un "giro copérnicano" respecto al tema de la cultura que es difícil asumir y que está por hacer.
Así, en ''1. El escenario ele la inmigración", ya se nos sitúa en una situación que no por ser de facto deja de ser dicotómica, el autor lo ve así cuando afirma que "En nuestro escenario social coexisten dos realidades enfrentadas, por un lado, es una máquina infernal que devora a los hombres y a las culturas en un proceso homogeneizador imparable. Por otro, ha elaborado la utopía de una sociedad de iguales, de seres humanos libres y diferentes" (8). Pero ¿cómo podía ser de otra manera, si para hablar de la sociedad plural se empieza hablando de inmigración? En algunos casos, no es difícil ver más similitudes entre personas de lo que se define "otras culturas", pero de la misma generación, que entre los "de la misma cultura", aunque de otra generación. Este análisis conforma lodo el discurso, en el que se propone un nuevo modelo de educación intercultural muy interesante para finales del siglo XX o para los que piensan en el siglo XXI, ahora bien, ¿para los hombres del siglo XXI?
Ciertamente, el autor aborda como contexto intelectual el abordaje sociológico del problema espinoso de la identidad. Su aproximación tiene la ventaja de no caer en la complacencia y en la simpleza excesivamente maniquea, pero quizás aún se deba a las perspectivas propias del siglo XX. Esto no es criticable en el sentido de que estos parámetros son los propios de la óptica predominante desde un sentido que, siendo "clásico" en su trasfondo, se quiere proponer como henchido de contemporaneidad. Pero quizás se trata de la contemporaneidad del análisis intelectual que siempre va tras la realidad y adolece, por lo tanto, de la audacia de la proposición de nuevos paradigmas hermenéuticos respecto de la complejidad de la sociedad del siglo XXI y sus entresijos culturales. Éste, sin duda, es un debate filosófico, antropológico y sociológico complejo que, en cierto sentido, es lógico que desde la pedagogía no se pueda abordar (aunque el autor tenga solvencia de sobra para hacerlo), en el sentido en el que las propuestas educativas han de construirse desde los paradigmas contrastados. Aunque también podría decirse, desde las propias propuestas educativas vertidas en el libro, que si existe un campo de información sobre la realidad –o una parte muy significativa de la misma- en el que poder aventurar y proponer es en la experiencia educativa. Ahora bien, todo lo que he dicho sólo es reflejo de lo que sugiere esta preciosa obra, que merece la reflexión, que está bien documentada que creo que es imprescindible en la órbita de lo que más se escucha en cualquier círculo de catedráticos de antropología y sociología y, por lo tanto, lo que un excelente profesional e intelectual de la Teoría de la educación ha de mencionar.
Felicitar, de nuevo, al Instituto Teológico de Murcia por esta colección, al autor por sus reflexiones y por permitirme pensar a partir de él en esta breve reseña, señal inequívoca de que es imprescindible su lectura para quien guste de pensar la sociedad actual y pensar en cómo educar a una sociedad tan compleja como la nuestra.

LOS ORÍGENES DE LA MONARQUÍA EN ISRAEL


MIGUEL ÁLVAREZ BARREDO, Los orígenes de la monarquía en lsrael. Traducciones literarias y enfoques teológicos de 1 Sam 8-12 (Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia OFM 52; Murcia: Servicio de Publicaciones Instituto Teológico de Murcia OFM/Editorial Espigas, 2009). Pp. 261. Papel' €20. ISBN 978-84-86042-82-0.


(-C.T.B. en Old Testament Abstracts 33, 2010)

Á.'s study of the much-controverted segment, 1 Samuel8-12, unfolds in three stages: (1) redactional-critical analysis: (2) a synchronic reading of the extant complex with particular attention to the evolving portrayals of the various characters and their interactions; and (3) a consideration of the theological dimensions of the component sections and strata of the passage. According to Á., the extant 1Samuel 8-12 is the end product of a long literary process in which originally independent units (e.g., the story of Saul's finding and acclamation on the basis of his outstanding physique in 1Sam 10:21b-24a or the anti-monarchical "pamphlet" 1 Sam 8:11-18) were successively combined and retouched by a series of redactors, a process that culminated with the work of the Deuteronomist(s) whose contributions are to be found especially in chaps. 8 and 12. In its present form, 1 Samuel 8-12 shows itself to be a highly complex, nuanced account of the origin of the monarchy in Israel.
On the one hand, the segment makes clear that the idea for a human kingship like that of Israel's neighbors originated-not with Yhwh or Samuel-but rather with the people and reflects their lack of trust in their provident God. On the other hand, however, Yhwh does accept the people's request for a human king and allows the new institution to be incorporated into the existing framework of the covenantal relationship between himself and Israel, if only the people (and their king) will stay faithful to him in the future. The volume comes with a bibliography, an index of biblical texts, and a detailed table of contents.

LA VERDADERA RELIGIÓN


Pérez Andreo, Bernardo, La Verdadera Religión. El intento de Hume de naturalizar la fe. Murcia (Editorial Espigas), 2009, 24x17 cm. 198 págs.
(Cristina de la Fuente en Mayéutica XXXVI (2010))
Al abordar el pensamiento del pensador y filósofo Hume desde una perpectiva teológica, se suele descalificar de entrada su postura y sus presupuestos, incluyéndole en el grupo de los pensadores positivistas y demoledores de toda creencia religiosa. La presente obra es un interesante acercamiento y relectura de la filosofía y del pensamiento de Hume, partiendo de su situación vital, del contexto histórico en el que vivió, y a partir de su propio contexto leer sus propuestas y sus pensamientos. Para ello el autor dedica un primer apartado de su obra para hacer la presentación de su personaje y de su entorno histórico. Posteriormente se detiene a analizar la perspectiva metafísica de Hume en el mismo contexto de la nueva metafísica naciente en el siglo XVIII, sin olvidar la luminosa figura de Kant. Posteriormente aborda las principales criticas que Hume le dirige a la religión, haciendo una detallada presentación de ellas, analizando con cuidado, detalle y acierto sus luces y sombras, para posteriormente hablar de la actitud de Hume ante el evangelio y presentar el deseo de este filósofo que da título a la obra, la de “naturalizar la fe” religiosa convirtiéndola en una creencia. El autor insiste en que la creencia puede tener una lectura positiva desde la perspectiva cristiana, pues no implica una reducción de la fe trascendente, sino más bien un primer paso de cimentación humana, de disposición humana a aceptar la fe. Toda creencia parte siempre de estos presupuestos humanos, lo fundamental es no quedarse en ellos.
En conjunto podemos decir que se trata de una obra interesante que plantea una relectura de las posturas filosóficas y la ideología de Hume. Una obra que tiene una gran actualidad, ya que en el contexto del mundo contemporáneo las ideas y postulados de Hume, por lo menos de una manera tácita, se encuentran presentes en muchos ámbitos de la vida social. La obra se lee con agrado y la exposición del autor es clara en todo momento. Es pues una obra muy recomendad para los estudiosos de la filosofía pero también para los teólogos para re-leer la postura de Hume desde una perspectiva diferente.

LOS ORÍGENES DE LA MONARQUÍA EN ISRAEL


Álvarez Barredo, Miguel, Los orígenes de la Monarquía en Israel, Murcia (Editorial Espigas) 2009. 24 x 17 cm. 251 págs.
(Eleazar Tov en Mayéutica 81 (2010))
Dentro de la historia de Israel el establecimiento de la monarquía y sus avatares será de transcendental importancia. La obra que presentamos es un interesante estudio del establecimiento de la monarquía en Israel tal y como es presentado en el primer libro de Samuel (1Sam 8-12). Se recoge en primer lugar, una serie de datos introductorios que contextualizan al lector con las tradiciones en torno a Samuel como primer rey de Israel, para posteriormente hacer una exposición detallada y rigurosa de las perpectivas narrativas desde los personajes y escenas del texto de 1Sam 8,12. A este enfoque narratológico lo acompaña el enfoque teológico en donde se estudian las intencionalidades de las diversas escenas del texto de 1Sm, haciendo un análisis pormenorizado y detallado de cada una de las partes del relato para descubrir los diversos hilos teológicos que encierra. Al final de la obra se ofrece una valiosa y abundante bibliografía, así como un índice de textos bíblicos. En conjunto se trata de una obra bien trabada y metodológicamente sólida que ayuda leer con mayor profundidad los relatos de los orígenes de la monarquía en Israel tal y como es presentada en 1 Sam 8-12.

lunes, 13 de septiembre de 2010

FE Y RAZÓN EN JUAN DUNS ESCOTO


Guzmán Manzano, I., Fe y razón en Juan Duns Escoto. Murcia (Editorial Espigas), 2009.24x 17cm.,284págs.

(Henry B. Williamson, en Mayéutica 36 (2010))
En un contexto cultural como el nuestro en donde en muchos ambientes se contraponen la y la razón, y se busca la razón para anular la misma fe, la doctrina de Duns Escoto, el Doctor Sutil, es siempre muy oportuna. De este modo en la obra que presentamos el autor presenta las ideas expuestas por Duns Escoto en su Prólogo a las sentencias de Pedro Lombardo, un texto rico en el que el Doctor Sutil aborda la cuestión de la relación entre la fe y la razón. De este modo el autor, para hacer más comprensibles las ideas de Escoto presenta, en primer lugar, el contexto en el que vivió el Doctor Sutil y cómo se vivía en aquel momento la relación entre la fe y la razón. Posteriormente hace la presentación de la posición de los filósofos en general con relación a la revelación acentuando el hecho de que la razón y el pensamiento humano tienen unos límites insuperables y en donde la revelación debe ser la nueva guía de la razón, elemento que el autor presenta desde la postura de los teólogos en un nuevo apartado. Posteriormente hace una interesante recensión de lo que Escoto afirma sobre lo sobrenatural y la revelación, y como ésta no es contraria a la razón, sino que es razonable y que no es ninguna afrenta a la razón humana el hecho de creer.
Una vez que el autor ha hecho la exposición de las ideas presentadas por Escoto en el célebre Prólogo a las Sentencias, se ofrece el texto mismo de este Prólogo en versión bilingüe (latín-español) para que el lector pueda corroborar de primera mano lo que el autor ha expuesto con anterioridad. Al final de la obra se ofrece una selecta bibliografía sobre el tema.
En conjunto podemos decir que se trata de una obra valiosa, en donde no sólo se plantean interesantes reflexiones sobre el pensamiento de Escoto, sino que también se ofrece el texto señero del Prólogo del Comentario de Escoto a las Sentencias en una magnífica versión bilingüe. Es pues una obra que será de gran interés para los teólogos y filósofos así como para los historiadores del pensamiento y de la cultura en general.

LOS FUNDAMENTOS DEL DERECHO NATURAL


LIadó Arburúa, Marta, Los fundamentos de Derecho Natural, Murcia (Editorial Espigas, 2007, 24x17 cm., 235 págs.

(Aurora Campos en Mayéutica 36 2010)
El acercamiento tradicional a la obra de Guillermo de Ockham ha sido casi siempre desde la perspectiva filosófica y teológica. La obra que presentamos propone un acercamiento a la obra de Ockham desde la perspectiva jurídica, para ver en primer lugar, la concepción del Derecho natural en Ockham, partiendo del plano filosófico para posteriormente analizar su interacción con el Derecho positivo según el pensamiento de Ockham. La segunda parte de la obra es un estudio de la teoría política de Ockham, que tiene su fundamento en lo que la autora ha expuesto en la primera parte de la obra, es decir en su concepción del Derecho natural señalando la vinculación que existe entre la filosofía nominalista de Ockham y su teoría política. Se estudia también el origen del dominio desde la perspectiva jurídica, en la discusión sobre el concepto de propiedad, señalando los elementos corporativos germánicos y romanistas en la teoría política de Ockham. Se trata en conjunto de una obra sumamente original y bien estructurada que es una excelente colaboración para conocer mejor el pensamiento político y jurídico de Ockham.