martes, 14 de septiembre de 2010

FE Y RAZÓN EN JUAN DUNS SCOTO


ISIDORO GUZMÁN MANZANO, Fe y razón en Juan Duns Escoto. Edición bilingüey versión española del "Prólogo" -Juan Ortín García. Edición di Francisco Martínez Fresneda (Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia OFM. Serie Mayor, 50), Espigas, Murcia 2009, pp. 282.


(ORLANDO TODlSCO en Miscellanea Francescana 110, 2010)

Docente all'Antonianum di Roma e all'Istituto Teologico di Murcia, Manzano è stato un apprezzato studioso del Medioevo e in particolare di Scoto, Il volume in esame è l'omaggio dei suoi confratelli alla sua memoria, omaggio che, attraverso questa recensione, la Facoltá San Bonaventura vuole a sua volta rendere all'eminente francescano, prematurament escomparso.
Al centro dei sei capitoli, in cui il volume si articola, c'è la tematica della prima parte del Prologo all'Ordinatio, pubblicata in appendice in edizione bilingue. Con escursioni di varia natura e con grande intensità teoretica, l'autore dimostra che I'interrogativo, con il quale Scoto apre tale prologo all'Ordinatio, se (utrum) la rivelazione sia necessaria nello stato attuale, non è ozioso, ma grandemente significativo. L'ipotesi averroistica dell'autosufficienza di ció che è "naturale" e del carattere "ideologico" di conoscenze proveniente da altre sorgenti, è sullo sfondo di queste pagine introduttive all'Opus magnum, che Manzano ha il merito di richiamare e porre in primo piano. II pregiudizio che egli scalza è che non ci sarebbe nulla che non si possa spiegare sul solo piano dell’intelligenza profana, rispetto alla quale la rivelazione prima e la teologia poi risulterebbero superflue o forse ingombranti: la rivelazione è un insieme di "fabulae" e la teologia una costruzione su dati estranei all'intellelto. Compendio di questo orientamento è il detto, che circolava tra gli studenti della Facoltá delle Arti:«Non plus scitur propter scire theologiam», Ma è, forse, vero –è l'interrogativo al centro dell'articolata argomentazione del volume -che la ratio non è altra cosa dall'auctoritas, che tale auctoritas, rappresentata da Aristotele, fa tutt'uno con la ratio, sicché non c'é auctoritas fuori della ratio?
Tommaso aveva sostenuto l'autonomia del mondo profano, vincolato dal proprio statuto a espandersi in un certo modo, e teorizzato l'autonomia della filosofia, con in sé la norma autocorrettiva, grazie a cui si armonizza con gli altri versanti e si porta a Dio. In nome di questa sua lógica interna, la filosofía apre alla teologia e questa si impone come necessaria per la salvezza, non riducibile alla teologia naturale di Aristotele e tuttavia propriamente scientifica, perché fornita di «principia a Deo revelata», e dunque oltre ogni dubbio. Ebbene, se Tommaso si muove inquesta logica concordataria e ascensiva, Manzano ben dimostra che Scoto non si propone di costruire ponti tra la ratio e I'auctoritas, tra la scientia della philosophia (metafísica) e la scientia della revelatio (teologia). Seoto vuole definire gli ambiti della metafísica e della teologia e dunque indicarne la "distinzione", alla luce della puntualizzazione che I'una parla dell'ente non in quanto Dio ma in quanto ente, l'altra di Dio non come ente ma «ut haec essentia». Il discorso metafisico non è il discorso teologico, anche se entrambi necessari, ma non l'uno prologo dell ' altro.
Solo la metafisica é scienza teoretica o anche scientia tout court, nel senso che è il dispiegamento razionale di ciò che tutte le scienze non possono non presupporre. È la regina scientiarum o scientia scientiarum, dal momento che non presuppone alcunché, e per tanto scienza in senso rigoroso. II modello di scientificita del pensare metafisico, de-teologizzato e, dal versante opposto, de-fisicizzato, è il modello euclideo di segno propriamente deduttivo. Il suo regno non è Dio, di cui si occupa la teologia, né il mondo, di cui si occupa la cosmologia. Quello metafisico è un regno assolutamente puro, come lo spazio euclideo, e riguarda tutto ciò che a qualunque titolo è. È il regno dell'ente in quanto ente, non di questo o di quello, ma dell'essere-come-tale. Il filosofo non si occupa né di Dio né delle realta fisiche. L'apriori è il vero e proprio clima dell'intelletto filosofico-metafisico, e l'atteggiamento deduttivo il suo metodo. L'essere, concetto semplice e originario, è comune a tutto, è superiore a tutti, è predicabile in modo univoco di tutto. Questo ente in quanto ente, «cui non repugnat esse», dice pura possibilità a essere o meglio, «aptitudo ad existendum». Dunque, la metafisica è la scienza suprema, e questa non conduce da nessuna parte, poiché si risolve nella pura possibilitá oggettiva. La rete dispiegata conferma che si tratta di una natura, di un'essenza che nella sua comunanza è neutra e indiferente a qualsiasi determinazione. È l'esile mondo del compatibile, del possibile, del non-contraddittorio, che non esclude nulla e che è presupposto da tutto.
È per quanto concerne la teologia? Il passaggio dal possibile al reale, dall'universale al singolare e dunque I'attingimento di ciò che si è e del come e del perché si viva in un certo modo, tutto questo costituisce una tematica estranea alla metafisica. Per il chiarimento di questo territorio e per I'approdo finale è necessaria la teologia e prima la rivelazione, grazie a cui I'orizzonte si dilata, ben oltre quello metafisico, di segno universale e comune a ogni sapere. La teologia è un sapere particolare che ha la sua logica e la sua fonte, e cioè è forma superiore di sapientia, non scienza teoretica, non bios theoretikos, con finalità eminentemente pratiche. La teologia è rivolta alla praxis (cf. la pars quarta del Prologo: " De theologia ut scientia"). Da questo punto di vista Scoto è vicino a Bonaventura, per il quale la «theologia est ut boni fiamus», ed e oltre Tommaso, per il quale è speculativa e pratica. Se per Aristotele le scienze sono speculative (fisica, matematica, metafisica) o pratiche (economia, politica, etica), per Tommaso c'è solo una scienza che è speculativa e pratica insieme, ed è appunto la teologia, scienza rigorosa come tutte le altre e insieme guida verso la salvezza. Il francescano è perplesso davanti a una simile costruzione speculativa e davanti alla tesi che una costruzione speculativa, propriamente tale, possa essere anche pratica, persuaso che le verità teologiche siano «pratiche», nel senso che alludono a un piano di vita, e dunque si estendano alla praxis «relatione aptitudinali» (Prol. n. 237). Il compito della teologia è la salvezza, non la speculazione, per cui deve dirsi «aptitudinaliter scientia practica», non "teoretica".
Ricordando con affettuosa stima l'autore, amico di vecchia data, si fa notare che nella prossima edizione è opportuno che il sottotitolo venga meglio precisato, dal momento che si tratta dell'edizione bilingue non del Prologo, ma della prima parte - il Prologo, infatti, si articola in cinque parti.

LA EDUCACIÓN PARA LA CONVIVENCIA EN UNA SOCIEDAD PLURAL


Pedro ORTEGA RUIZ, La educación para la convivencia en una sociedad plural, Murcia, Instituto Teológico de Murcia OFM -Ed. Espigas –Universidad de Murcia (Cuadernos de Teología Fundamental. n. 6). Murcia 2010,21x 13,5, 78 pp.


(Manuel Lázaro Pulido en Naturaleza y Gracia 57, 2010)
Ha salido a la luz el sexto número de la colección "Cuadernos de Teología Fundamental", del Instituto Teológico Franciscano de Murcia, centro agregado de teología fundamental de la Pontificia Universidad Antonianum de Roma. Siguiendo la línea editorial de la colección, se trata en libertad y con profundidad temas que afectan al ser humano que constituye el Pueblo de Dios. En este caso, desde la cultura y más concretamente, la educación como instrumento de convivencia en la cultura plural (7-8) que caracteriza el mundo actual. Nueve apartados tras la "Introducción" se dedican a ese fin. Los tres primeros reparan en el contexto de las sociedades occidentales que el autor caracteriza como plurales: el escenario de la inmigración; la integración, ¿en qué sociedad?; cultura e identidad cultural. Los cinco siguientes -La orientación "culturalista'' en la educación intercultural; educar en y desde la experiencia; otra educación; narración y experiencia en la educación intercultural, y propuestas educativas profundizan en aspectos más específicamente educativos y se clausura el texto con una consideraciones finales y las "Referencias bibliográficas" (69-78). El carácter educativo del texto no puede extrañar, pues su autor es Catedrático de Teoría e Historia de la Educación en la Facultad de Educación de la Universidad de Murcia, y que, en esta búsqueda a las respuestas educativas no falten pensamientos filosófico-sociológicos, tampoco extraña cuando se conoce su propia bibliografía no exenta de estudios sobre el contexto social de la educación y la reflexión de conceptos de la moral y las emociones en algunos filósofos como Adorno o Lévinas por citar algunos. El tema elegido tampoco es novedad, publicó un trabajo junto a otros autores (J. A. Jordán y R. Mínguez) titulado "Educación intercultural y sociedad plural" en la Revista Teoría de la Educación. Revista Interuniversitaria [14 (2002) 93-119J. En él ya aparecían cienos aspectos tratados en este escrito, lógicamente actualizados con el paso del tiempo, pero no de una forma revolucionaria. Los temas son tratados desde el enfoque de la interculturalidad como lugar de aproximación, laboratorio humano de aprendizaje desde un análisis sociológico con base a una antropología de la alteridad (por otra parte y como hemos dicho conocida por él). Una antropología que no aparece del todo tratada.
En fin, nos encontramos con un buen libro, crítico con ciertas posiciones decimonónicas respecto a la interculturalidad, con modernos planteamientos desde la interculturalidad... útil, si la interculturalidad fuera un modelo hermenéutico plausible para explicar las sociedades contemporáneas del siglo XXI, lo que es más comprometido. Eso supondría dar un "giro copérnicano" respecto al tema de la cultura que es difícil asumir y que está por hacer.
Así, en ''1. El escenario ele la inmigración", ya se nos sitúa en una situación que no por ser de facto deja de ser dicotómica, el autor lo ve así cuando afirma que "En nuestro escenario social coexisten dos realidades enfrentadas, por un lado, es una máquina infernal que devora a los hombres y a las culturas en un proceso homogeneizador imparable. Por otro, ha elaborado la utopía de una sociedad de iguales, de seres humanos libres y diferentes" (8). Pero ¿cómo podía ser de otra manera, si para hablar de la sociedad plural se empieza hablando de inmigración? En algunos casos, no es difícil ver más similitudes entre personas de lo que se define "otras culturas", pero de la misma generación, que entre los "de la misma cultura", aunque de otra generación. Este análisis conforma lodo el discurso, en el que se propone un nuevo modelo de educación intercultural muy interesante para finales del siglo XX o para los que piensan en el siglo XXI, ahora bien, ¿para los hombres del siglo XXI?
Ciertamente, el autor aborda como contexto intelectual el abordaje sociológico del problema espinoso de la identidad. Su aproximación tiene la ventaja de no caer en la complacencia y en la simpleza excesivamente maniquea, pero quizás aún se deba a las perspectivas propias del siglo XX. Esto no es criticable en el sentido de que estos parámetros son los propios de la óptica predominante desde un sentido que, siendo "clásico" en su trasfondo, se quiere proponer como henchido de contemporaneidad. Pero quizás se trata de la contemporaneidad del análisis intelectual que siempre va tras la realidad y adolece, por lo tanto, de la audacia de la proposición de nuevos paradigmas hermenéuticos respecto de la complejidad de la sociedad del siglo XXI y sus entresijos culturales. Éste, sin duda, es un debate filosófico, antropológico y sociológico complejo que, en cierto sentido, es lógico que desde la pedagogía no se pueda abordar (aunque el autor tenga solvencia de sobra para hacerlo), en el sentido en el que las propuestas educativas han de construirse desde los paradigmas contrastados. Aunque también podría decirse, desde las propias propuestas educativas vertidas en el libro, que si existe un campo de información sobre la realidad –o una parte muy significativa de la misma- en el que poder aventurar y proponer es en la experiencia educativa. Ahora bien, todo lo que he dicho sólo es reflejo de lo que sugiere esta preciosa obra, que merece la reflexión, que está bien documentada que creo que es imprescindible en la órbita de lo que más se escucha en cualquier círculo de catedráticos de antropología y sociología y, por lo tanto, lo que un excelente profesional e intelectual de la Teoría de la educación ha de mencionar.
Felicitar, de nuevo, al Instituto Teológico de Murcia por esta colección, al autor por sus reflexiones y por permitirme pensar a partir de él en esta breve reseña, señal inequívoca de que es imprescindible su lectura para quien guste de pensar la sociedad actual y pensar en cómo educar a una sociedad tan compleja como la nuestra.

LOS ORÍGENES DE LA MONARQUÍA EN ISRAEL


MIGUEL ÁLVAREZ BARREDO, Los orígenes de la monarquía en lsrael. Traducciones literarias y enfoques teológicos de 1 Sam 8-12 (Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia OFM 52; Murcia: Servicio de Publicaciones Instituto Teológico de Murcia OFM/Editorial Espigas, 2009). Pp. 261. Papel' €20. ISBN 978-84-86042-82-0.


(-C.T.B. en Old Testament Abstracts 33, 2010)

Á.'s study of the much-controverted segment, 1 Samuel8-12, unfolds in three stages: (1) redactional-critical analysis: (2) a synchronic reading of the extant complex with particular attention to the evolving portrayals of the various characters and their interactions; and (3) a consideration of the theological dimensions of the component sections and strata of the passage. According to Á., the extant 1Samuel 8-12 is the end product of a long literary process in which originally independent units (e.g., the story of Saul's finding and acclamation on the basis of his outstanding physique in 1Sam 10:21b-24a or the anti-monarchical "pamphlet" 1 Sam 8:11-18) were successively combined and retouched by a series of redactors, a process that culminated with the work of the Deuteronomist(s) whose contributions are to be found especially in chaps. 8 and 12. In its present form, 1 Samuel 8-12 shows itself to be a highly complex, nuanced account of the origin of the monarchy in Israel.
On the one hand, the segment makes clear that the idea for a human kingship like that of Israel's neighbors originated-not with Yhwh or Samuel-but rather with the people and reflects their lack of trust in their provident God. On the other hand, however, Yhwh does accept the people's request for a human king and allows the new institution to be incorporated into the existing framework of the covenantal relationship between himself and Israel, if only the people (and their king) will stay faithful to him in the future. The volume comes with a bibliography, an index of biblical texts, and a detailed table of contents.

LA VERDADERA RELIGIÓN


Pérez Andreo, Bernardo, La Verdadera Religión. El intento de Hume de naturalizar la fe. Murcia (Editorial Espigas), 2009, 24x17 cm. 198 págs.
(Cristina de la Fuente en Mayéutica XXXVI (2010))
Al abordar el pensamiento del pensador y filósofo Hume desde una perpectiva teológica, se suele descalificar de entrada su postura y sus presupuestos, incluyéndole en el grupo de los pensadores positivistas y demoledores de toda creencia religiosa. La presente obra es un interesante acercamiento y relectura de la filosofía y del pensamiento de Hume, partiendo de su situación vital, del contexto histórico en el que vivió, y a partir de su propio contexto leer sus propuestas y sus pensamientos. Para ello el autor dedica un primer apartado de su obra para hacer la presentación de su personaje y de su entorno histórico. Posteriormente se detiene a analizar la perspectiva metafísica de Hume en el mismo contexto de la nueva metafísica naciente en el siglo XVIII, sin olvidar la luminosa figura de Kant. Posteriormente aborda las principales criticas que Hume le dirige a la religión, haciendo una detallada presentación de ellas, analizando con cuidado, detalle y acierto sus luces y sombras, para posteriormente hablar de la actitud de Hume ante el evangelio y presentar el deseo de este filósofo que da título a la obra, la de “naturalizar la fe” religiosa convirtiéndola en una creencia. El autor insiste en que la creencia puede tener una lectura positiva desde la perspectiva cristiana, pues no implica una reducción de la fe trascendente, sino más bien un primer paso de cimentación humana, de disposición humana a aceptar la fe. Toda creencia parte siempre de estos presupuestos humanos, lo fundamental es no quedarse en ellos.
En conjunto podemos decir que se trata de una obra interesante que plantea una relectura de las posturas filosóficas y la ideología de Hume. Una obra que tiene una gran actualidad, ya que en el contexto del mundo contemporáneo las ideas y postulados de Hume, por lo menos de una manera tácita, se encuentran presentes en muchos ámbitos de la vida social. La obra se lee con agrado y la exposición del autor es clara en todo momento. Es pues una obra muy recomendad para los estudiosos de la filosofía pero también para los teólogos para re-leer la postura de Hume desde una perspectiva diferente.

LOS ORÍGENES DE LA MONARQUÍA EN ISRAEL


Álvarez Barredo, Miguel, Los orígenes de la Monarquía en Israel, Murcia (Editorial Espigas) 2009. 24 x 17 cm. 251 págs.
(Eleazar Tov en Mayéutica 81 (2010))
Dentro de la historia de Israel el establecimiento de la monarquía y sus avatares será de transcendental importancia. La obra que presentamos es un interesante estudio del establecimiento de la monarquía en Israel tal y como es presentado en el primer libro de Samuel (1Sam 8-12). Se recoge en primer lugar, una serie de datos introductorios que contextualizan al lector con las tradiciones en torno a Samuel como primer rey de Israel, para posteriormente hacer una exposición detallada y rigurosa de las perpectivas narrativas desde los personajes y escenas del texto de 1Sam 8,12. A este enfoque narratológico lo acompaña el enfoque teológico en donde se estudian las intencionalidades de las diversas escenas del texto de 1Sm, haciendo un análisis pormenorizado y detallado de cada una de las partes del relato para descubrir los diversos hilos teológicos que encierra. Al final de la obra se ofrece una valiosa y abundante bibliografía, así como un índice de textos bíblicos. En conjunto se trata de una obra bien trabada y metodológicamente sólida que ayuda leer con mayor profundidad los relatos de los orígenes de la monarquía en Israel tal y como es presentada en 1 Sam 8-12.

lunes, 13 de septiembre de 2010

FE Y RAZÓN EN JUAN DUNS ESCOTO


Guzmán Manzano, I., Fe y razón en Juan Duns Escoto. Murcia (Editorial Espigas), 2009.24x 17cm.,284págs.

(Henry B. Williamson, en Mayéutica 36 (2010))
En un contexto cultural como el nuestro en donde en muchos ambientes se contraponen la y la razón, y se busca la razón para anular la misma fe, la doctrina de Duns Escoto, el Doctor Sutil, es siempre muy oportuna. De este modo en la obra que presentamos el autor presenta las ideas expuestas por Duns Escoto en su Prólogo a las sentencias de Pedro Lombardo, un texto rico en el que el Doctor Sutil aborda la cuestión de la relación entre la fe y la razón. De este modo el autor, para hacer más comprensibles las ideas de Escoto presenta, en primer lugar, el contexto en el que vivió el Doctor Sutil y cómo se vivía en aquel momento la relación entre la fe y la razón. Posteriormente hace la presentación de la posición de los filósofos en general con relación a la revelación acentuando el hecho de que la razón y el pensamiento humano tienen unos límites insuperables y en donde la revelación debe ser la nueva guía de la razón, elemento que el autor presenta desde la postura de los teólogos en un nuevo apartado. Posteriormente hace una interesante recensión de lo que Escoto afirma sobre lo sobrenatural y la revelación, y como ésta no es contraria a la razón, sino que es razonable y que no es ninguna afrenta a la razón humana el hecho de creer.
Una vez que el autor ha hecho la exposición de las ideas presentadas por Escoto en el célebre Prólogo a las Sentencias, se ofrece el texto mismo de este Prólogo en versión bilingüe (latín-español) para que el lector pueda corroborar de primera mano lo que el autor ha expuesto con anterioridad. Al final de la obra se ofrece una selecta bibliografía sobre el tema.
En conjunto podemos decir que se trata de una obra valiosa, en donde no sólo se plantean interesantes reflexiones sobre el pensamiento de Escoto, sino que también se ofrece el texto señero del Prólogo del Comentario de Escoto a las Sentencias en una magnífica versión bilingüe. Es pues una obra que será de gran interés para los teólogos y filósofos así como para los historiadores del pensamiento y de la cultura en general.

LOS FUNDAMENTOS DEL DERECHO NATURAL


LIadó Arburúa, Marta, Los fundamentos de Derecho Natural, Murcia (Editorial Espigas, 2007, 24x17 cm., 235 págs.

(Aurora Campos en Mayéutica 36 2010)
El acercamiento tradicional a la obra de Guillermo de Ockham ha sido casi siempre desde la perspectiva filosófica y teológica. La obra que presentamos propone un acercamiento a la obra de Ockham desde la perspectiva jurídica, para ver en primer lugar, la concepción del Derecho natural en Ockham, partiendo del plano filosófico para posteriormente analizar su interacción con el Derecho positivo según el pensamiento de Ockham. La segunda parte de la obra es un estudio de la teoría política de Ockham, que tiene su fundamento en lo que la autora ha expuesto en la primera parte de la obra, es decir en su concepción del Derecho natural señalando la vinculación que existe entre la filosofía nominalista de Ockham y su teoría política. Se estudia también el origen del dominio desde la perspectiva jurídica, en la discusión sobre el concepto de propiedad, señalando los elementos corporativos germánicos y romanistas en la teoría política de Ockham. Se trata en conjunto de una obra sumamente original y bien estructurada que es una excelente colaboración para conocer mejor el pensamiento político y jurídico de Ockham.

miércoles, 23 de junio de 2010

Descripción Chorográfica. Del sitio que ocupa la Provincia franciscana de Cartagena


Ortega, P. M., Descripción Chorográfica. Del sitio que ocupa la Provincia franciscana de Cartagena, edit. Pedro Riquelme Oliva, Murcia 2008, 397 pp. 24 x 17 cm.

(A. Castillo Sáez en La Ciudad de Dios 223 (2010)). La presente obra trata de presentar de manera integra el contenido del manuscrito Corográfico de Fray Pablo Manuel Ortega OFM; Cronista de la Provincia Franciscana de Cartagena desde el 15 de diciembre de 1731.

Esta es la segunda edición de la corografía de fray Pablo Ortega. Teniendo muy en cuenta la transcripción del manuscrito original; se presenta la geografía que ocupa la provincia regular de Cartagena de los hijos de San Francisco en donde se trata de las ciudades entre las cuales podemos mencionar: Mojacar, Vera, Cartagena, Murcia, Villena; muchas villas y lugares, contando sus historias y curiosidades; dando un toque de curiosidad por saber que siguen en la página siguiente. Presenta la descripción clara y detallada de la geografía del lugar; que dan origen y trabajo a esta provincia Franciscana.
Para el lector entendido en historia es grato conocer lugares y acontecimientos específicos de la época contenida en esta obra. La narración clara e ilustrada de acontecimientos y la presentación cartográfica que proyecta, dan la sensación de cercanía en el tiempo, hace presente el pasado de una historia real, que se sigue viviendo. Es una obra que al paso de la lectura introduce al lector en el contexto geográfico e histórico por su lenguaje sencillo y asequible, lo cual facilita su lectura y entendimiento.
Desde esta obra se pueden ampliar los conocimientos geográficos y culturales de la época, que Fray Pablo con su y buena letra plasmó en este trabajo corográfico. Y que hoy día llega a nuestras manos en este trabajo, edición de Pedro Riquelme Oliva, OFM.

La verdadera religión. El intento de Hume de naturalizar la fe


Pérez Andreo, B., La verdadera religión. El intento de Hume de naturalizar la fe, edit. Espigas, Murcia 2009, 198 pp., 24 x 17 cm.

(J. Rodríguez en La Ciudad de Dios 223 (2010)). El servicio de publicaciones del Instituto Teológico Franciscano de Murcia ofrece al lector un estudio sobre el racionalista David Hume, que, aunque epígono de Kant, quiere dar un giro a la razón ilustrada y endiosada dieciochesca pretendiendo naturalizar toda fe religiosa sobrenatural convirtiéndola en mera creencia laica. Pero en este estudio el autor Bernardo Pérez, experto en filosofía y teología, intenta ver un nuevo enfoque más lógico y psicológico en el pensamiento de Hume, partiendo de la creencia
humana para racionalizarla y elevarla a la categoría teológica de fe cristiana, si procede. El prof. Andreo ve en el autor del Treatise of Human Nature un proceso progresivo válido de búsqueda de la verdadera religión a través de religiones positivas, aunque el sistema kantiano del filósofo Hume no le permite llegar más allá de una religión “elaborada” desde la nueva ciencia de la naturaleza humana supeditada al poder civil amparando la paz y la concordia social. Esta reinterpretación de Hume cree verla el comentarista exponiendo en cinco capítulos el contexto histórico de Humen (hombre de buena familia, ilustrado antiilustrado), “hacia una nueva metafísica” (recorte de la vieja, Kant y Hume balseros de la metafísica), crítica de la religión en David Hume. (cuatro envites o acometidas), “Hume ante el Evangelio de Jesús” (superación de Hume desde el Evangelio) y “hacia la Verdadera Religión: naturalizar la fe” (la religión dentro de los límites del hombre). Y concluye Andreo con bibliografía de y sobre Hume. Buen estudio y buena crítica orientadora para el lector neófito y hasta proficiente para caminar por el pensamiento idealista humeano.

Fe y Razón en Juan Duns Scoto


Guzmán Manzano, I. , Fe y Razón en Juan Duns Escoto, ed. bilingüe del Prólogo por J. Ortín García, edición F. Martínez Fresneda, editorial Espigas, Murcia 2009, 284 pp., 24 x 17 cm.

(J Rodriguez en La Ciudad de Dios 223 (2010)). El Instituto Teológico Franciscano de Murcia en su Serie Mayor ampara esta publicación póstuma del pensador escotista, prof. Guzmán Manzano (+ 2006) en Roma y Murcia, editada por J. Ortín y Martínez Fresneda. Cuando, al decir de García Bacca, la historia de la filosofía había ensayado métodos de filosofar, trascendente simbólico (Platón), analítico (Aristóteles) y teológico (Tomás), aparece Duns Escoto, también escolástico de formas, pero de fondo no tomista ni abstacto sino de empina de 2 modos concretos intelectivos. En seis capítulos el prof. Manzano estudia el ambiente en el que Escoto se plantea la relación entre Razón y Fe y su
sentido, la posición dual de los filósofos con respecto a la Revelación y la de los teólogos con los filósofos, para dar después una idea de sobrenatural y de revelación. Y en este contexto el doctor Sutil somete a una revisión o retractación agustiniana las opiniones contrarias entre filósofos y teólogos, para terminar en síntesis conclusiva tratando de armonizar -metafisicar-razón y fe con más empina intelectiva que el Aquinate, pudiendo llegar a conocer finitamente el Infinito. La originalidad y sutileza metafísica del Escoto agustinista o no merecerá cita a favor o en contra en el filosofar inmanente (Descartes). transcendental (Kant), fenomenológico (Husserl) y existencial (Heidegger). Un largo prologus de Escoto en texto bilingüe (64 pp.) -que sirve de texto base- sobre la necesidad de la doctrina revelada ennoblecedora del hombre concluye la publicación, donde Escoto filosofa y teologiza sobre fundamentos nuevos. La metafísica escotista pretende superar a la metafísica griega y tradicional con espacio libre para la Revelación necesaria.

viernes, 18 de junio de 2010

Habacuc: Un Profeta Incorformista. Perfiles Literarios y Rasgos Teológicos del Libro


Álvarez Barredo, Miguel. Habacuc: Un Profeta Incorformista. Perfiles Literarios y Rasgos Teológicos del Libro. Murcia: Instituto Teológico Franciscano, 2007. Pp. 252. ISBN 978-84-86042-66-0.
(ANGEL APARlCIO, O.P., Philippiniana Sacra XLV, 133 (2010)) Miguel Álvarez Barredo, professor of Sacred Scriptures in the Pontifical University of St. Antoninus of Rome and Theological Institute of Murcia, Spain, has authored this study on prophet HabakkuK entitled Habakkuk: AN Uncompromising Prophet. Literary Profiles and Theological Strokes of his Book. This work is part of a series of publications by the Franciscan 'Theological Institute of Murcia, Spain.
Barredo has divided the study into three parts. First, hi situates the prophet Habakkuk in his historical context, which is the reign of Joachim in 605-598 B.C., afier the Egyptian forces, which had earlir gone to the aid of the last Assyrian King, were routed by the Babylonians under Nabopolosar and Nebuchadnezzar, who pursued them as far as the Egyptian border. Habakkuk had even probably lived to see the initial fulfillment of his prophecy when Jerusalem was attacked by the Babylonians in 587 B.C.
Then secondly, the author discusses the literary forms of the first two chapters of this
small prophetic book. It consists of a dialogue between the prophet and God on God’s apparent lack of control on events. This part ends in a series of "waw" or judicial condemnation.
Lastiy, Barredo focuses on the literary analysis and the theological intention of the book's third chapter, which is a confession of God’s action in human history that is marked by violent cycles, whereby it seems that individuals are taken for granted and thousands upon thousands are brought to slaughter without knowing the purpose of their hves. Their lives have become mere instruments in the hands of the powerful who merely wish to achieve their selfish ambitions. Prophet Habakkuk reflects on this state of things and questions his and his people's faith in a just divinity. Habakkuk does not find the answers in traditional faith. Faced with the wickedness of the great powers, together with the corruption of the small kingdoms, the prophet feels puzzled and directly confronts God. He asks the following questions:Is God absent from history? Is God insensitive to human suffering? How long will this situation last?
God makes it clear, however, that eventually the corrupt destroyer will himself be destroyed. Through a beautiful hymn ni Chapter III, Habakkuk responds to the questions raised ni the first and second chapters. In a mythological language, he expresses his trust in God’s providence. He declares that even if God should send suffering and loss, the prophet would still rejoice in God his Savior.
Chapters 1 and 2 of Habakkuk, says the author, describe the extent to which human beings can be degraded in the service of some ideologies. The prophet, the man of God, cannot remain silent. He must denounce the thnigs that are contrary to God. 'Ihe prophet represents innumerable people, and the answers enumerated in the third chapter of Habakkuk should reach them too.
The author concludes that the message of prophet Habakkuk should not be relegated to the past, for it sheds light on multiple modern situations that defy human logic and the laws of causality. The man of faith will find light ni his opennig to God. Barredo echoes the conviction of Habakkuk that God is the only warrantor of salvation and the prosecutor ni any human situation that impairs human dignity,
The book is written in Spanish. Though its subtitle, Un Profeta Incorformista (An Uncompromising Prophet), may sound redundant for it is quite obvious that true prophets are uncompromising, one finds no serious fault in this study on one of the so-called Twelve Prophets.

miércoles, 16 de junio de 2010

Descripción Chorográfica




ORTEGA, Pablo Manuel, OFM., Descripción Chorográfica ..., Edición: Pedro Riquelme Oliva, Espigas, Murcia 2008.
(R PANIAGUA. en ESTUDIO AGUSTINIANO 45/ fasc. 1 (2010)) Se trata de la publicación de un escrito del siglo XVIII, redactado por Fr. Pablo Manuel Ortega. En una amplia introducción se hace un estudio muy preciso de la obra por parte del cronista de Mula y doctor en Historia D. Juan González Casta o, comentando la biografía y personalidad del autor, así como las vicisitudes que sufrieron las distintas copias inéditas después de la muerte del autor. Antes de trabajar en este libro, el P. Ortega había publicado algunos escritos, destacando su crónica de la provincia franciscana de Cartagena, en tres volúmenes. Se analiza de forma pormenorizada el manuscrito de Fr. Pablo Manuel Ortega, y su correspondencia sobre sus investigaciones con Gregorio Mayans hasta su muerte en 1767. Durante gran parte de su vida recogió curiosidades, monumentos, lápidas y todo tipo de antigüedades en la zona que ocupaba la provincia religiosa franciscana de Cartagena, que comprendía zonas de Murcia, Almería, La Mancha y Cuenca, procurando desmontar muchas falsedades y leyendas La Descripción Chorográfica consta de dos partes: una descripción general a modo de presentación y una amplia descripción particular que incluye unas 80 poblaciones de la comarca. El original quedó sin publicar en su tiempo y correrá la misma suerte que los demás bienes del convento de Mula en la Desamortización. Por fin, el a o 1959 se hizo una primera edición de La Descripción Chorográfica, aunque con algunas deficiencias. La presente edición de la obra del P. Ortega es la segunda, y en ella se ha procurado utilizar una copia original y ofrecer un texto más cuidado en aras al interés histórico-geográfico que tiene para la región de Murcia.-

La verdadera religión. El intento de Hume de naturalizar la fe


PÉREZ ANDREO, Bernardo, La verdadera religión. El intento de Hume de Naturalizar la Fe, Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia OFM, Serie Mayor 51, Editorial Espigas, Murcia 2009, 24 x 17,198 pp.


(D. NATAL en ESTUDIO AGUSTINIANO 45/ fasc. 1 (2010)). Ha sido costumbre acercarse a Hume, con una inútil precaución, por el temor a su teoría de la causalidad, en la que se hundirían las pruebas de la existencia de Dios, y a la razón ilustrada que llevaría lógica y directamente al ateísmo. Pero Hume no concede tanto poder a nuestras ilustres entendederas por temor a sus excesos y locuras. De hecho, Hume pone en duda las pruebas tradicionales pero su naturalización de la fe religiosa, convirtiéndola en creencia, le acerca a s. Agustín y a Ortega, con sus ideas y creencias, en las que también hemos de creer para saber quienes son nuestros padres, al menos hasta el ADN. Así, la creencia humana es la base imprescindible de toda fe. Sin esa creencia, como disposición natural sería imposible aceptar la realidad humana o divina. Este concepto laico de fe y creencia es lo más cercano, en la ciencia y la filosofía, al concepto cristiano de fe. Para Hume, las religiones positivas son manifestaciones de un proceso de búsqueda de la verdadera religión ninguna logra totalmente. Únicamente una religión elaborada desde la nueva ciencia de la naturaleza humana y supeditada al poder civil podrá acercarse a lo que debería ser: el puerto y refugio de la paz y la concordia social y no el centro de todas las peleas habidas y por haber ... Así, Hume es un buen burgués que critica la filosofía por sus pensamientos inútiles y a la religión por servir a sus se ores y sus tiranías. Hume quiere "humanizar la religión y naturalizar la fe" (p. 21). querría librar a este mundo de su "apatía y sin-sentido" y dar al hombre este sentido que tanto necesita. Pero la religión, como las matemáticas y la ciencia, depende también del hombre, y lo divino tiene que entrar en razón o ser puro desvarío y superstición Así, cuando la religión pierde la razón se convierte en "un mero disfraz para la subversión y la ambición" (p. 95). Ahora bien, Hume también sabe que un pueblo sin religión no se diferenciará mucho de los brutos (p. 99). Pero, para Hume, creer que Dios existe no autoriza a atribuirle toda clase de daños humanos, que tanto le degradan, pues Él es infinitamente superior a nuestra limitada vista y visión (p. 110). Y no podemos hacerlo a nuestra imagen y semejanza pues Dios es lo místico y el misterio como dice Wittgenstgein. Además, sus pruebas no son tan fáciles. De hecho, como dice Hume, es "sólo el Evangelio, el que ha sacado la vida y la inmortalidad del alma a la luz".Pero, los clérigos, según Hume, han hecho de Dios un tirano del poder y la riqueza (p. 121). Así, Hume pide una religión de mínimos: deísmo mínimo, Dios como objeto de adoración y alteridad de Dios frente a la razón (p. 141). Si tomamos la idea de Abba, Dios Padre, la Basileia, el Reino, y la fraternidad de Jesús o mandamiento nuevo, tendríamos la sustancia del cristianismo como comunión con Dios, los otros y el mundo (p. 150). Pero Hume reduce la religión y la democracia al mundo de los propietarios pues no cree en una tierra nueva donde habita la justicia (p. 160-1). Así, la religión en Hume pide ser escéptico filosófico para llegar a ser un auténtico cristiano creyente" y no hacer a Dios a nuestra imagen. Dios es más objeto de "adoración en el templo" que de "disputa en las escuelas" (p. 165). La creencia -credere- vendría de cor-dare, darle el corazón. Y, la religión sería respetar a todos y no ser inhumanos: un proceso de humanización para no saltarse las "reglas de juego" (p. 167-8).
La religión como la filosofía debe someterse a las pautas de la vida humana. Hay que tener sentido de las cosas y no proclamar grandes dogmas para luego ignorarlos que es la más falsa religión (p. 170). Hay que respetar a Dios sin usarle para nuestras cosas Así, contribuirá la religión al buen gobierno de la sociedad (p. 173). Hume dice que venera tanto la religión verdadera como aborrece "las supersticiones vulgares" (p. 175),pues no encaminan la conducta humana al servicio de los demás y su felicidad. Por eso, Hume limitaría el número de sacerdotes, dadas sus ambiciones, y buscaría una religión que fuera inofensiva y no perniciosa para la sociedad ni origen de conflictos civiles (p. 177-8). Ya nunca más debe haber una cuius regio eius religio, pues la religión es del ciudadano libre. Dios es una divinidad benéfica, poderosa, providente, que castiga los malos y hace feliz al justo, da la vida futura y "la santidad del contrato social y de las leyes" (p. 179). Esta es una metafísica de la naturaleza humana y un deísmo de mínimos que surgen de la "sociedad liberal-burguesa" (p. 183). La alteridad de Dios y la religión es un servicio al hombre, hace al homo religiosus - homo saecularis un buen ciudadano ajeno a guerras y discordias y favorece la libertad de pensamiento (p.184-6).-

Fe y Razón en Juan Duns Scoto


GUZMÁN MANZANO, I., Fe y razón en Juan Duns Escoto, Editorial Espigas, Murcia 2009,17 x 24, 284 pp.
(T.MARCOS ESTUDIO AGUSTINIANO 45/ fasc. 1 (2010)) El autor, fallecido recientemente, ha dedicado su vida al estudio y profesorado en los centros superiores franciscanos de Roma y Murcia, más concretamente al análisis de la figura del escolástico franciscano Juan Duns Escoto. El Instituto Teológico de Murcia le publica ahora el estudio que dejó preparado sobre el Prólogo de Escoto a su Comentario de las Sentencias de Pedro Lombardo. Era un trabajo obligado para todo aspirante a Maestro escolástico: hacer un comentario sobre el célebre Libro de las Sentencias del doctor y obispo de París, que se había convertido en manual universitario por su erudición patrística y estructuración temática. El problema general de la escolástica era la relación entre filosofía y teología, naturaleza y revelación, razón y fe. La patrística tenía claro que la razón debía sujetarse a la fe, y la escolástica también, pero menos. Éstos merodeaban mas en torno a la igualdad entre razón y fe, las dos con sus métodos propios, pero que no podrían contradecirse pues las dos eran dones de Dios, la teoría de la doble verdad y única conclusión. De esto trata, pues, el Prólogo de Escoto, Y de esto va el presente libro ocupado en la disección de las elucubraciones introductorias del doctor sutil: las verdades que no alcanza la filosofía sobre el ser de Dios y el destino del hombre. la necesidad de la revelación para la plenitud humana, la autonomía de a razón y la complementariedad de la teología. Fijación metódica en argumentos, objeciones y deducciones, detallismo obsesivo, constantes citas de Aristóteles y san Agustín como referencias máximas, son características que nos separan de la escolástica, pero sus preocupaciones esenciales coinciden con las nuestras. Con ellos empezó la emancipación de la razón de que hoy alardeamos. El libro termina con el texto bilingüe latín-español del susodicho Prólogus de Escoto.-

Los orígenes de la Monarquía en Israel


ÁLVAREZ BARREDO, Miguel, Los orígenes de la Monarquía en Israel. Tradiciones Literarias y enfoques teológicos de 1 Sam 8-12 (Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia, Serie Mayor, 52),Instituto Teológico de Murcia, Murcia 2009,24 x 17,251 pp.
(C. MIELGO en Estudios Agustinianos 45 (2010))El autor es conocido por varias publicaciones. Entre ellas cabe destacar dos, en las que analiza y comenta el libro de los Jueces. En éste sigue el mismo método y estilo. Como aparece en el título, se limita a los primeros capítulos del primer libro de Samuel, aquéllos en que se trata del origen de la monarquía, capítulos enrevesados por la mezcla de tradiciones y de ideologías diferentes. La primera parte es un estudio diacrónico, o examen detallado y pormenorizado de las diversas perícopas, no siguiendo el orden en que hoy se hallan, sino en un orden cronológico según cree el autor. Señala en cada una de ellas las partes más antiguas y va indicando las etapas del crecimiento y desarrollo que sufrieron. Para ello hace un análisis del vocabulario, del estilo y del contenido. Este es un trabajo lento, monótono, pero necesario. El estudio intertextual es continuo. Y se hace en diálogo con otros muchos autores que han escrito antes y de los que el autor se muestra deudor. En la segunda parte se hace un estudio sincronizado, fijando la atención en los personajes, en el radio de acción de los mismos y en la dinámica de los acontecimientos. Para ello se fija más que en el desarrollo de los textos en el modo cómo se narran los acontecimientos, en la articulación de los episodios, en la reacción atribuida a los personajes, etc. En suma sirviéndose de la critica narrativa se expone cómo se articulan los textos, haciendo resaltar el dramatismo de las situaciones que el narrador le quiere dar. En la tercera parte hace resaltar las intenciones teológicas de los diversos episodios narrados. Fija el núcleo mas primitivo y los enfoques añadidos después, Teniendo en cuenta la narración completa señala los episodios a los que se les ha dado mayor énfasis. El estudio está bien llevado. No obstante, teniendo en cuenta al público al que se dirige el libro, creo que hubiera sido conveniente añadir al final de cada parte un sumario en que se pusieran en claro los puntos más importantes de la exposición. Por otra parte debería transcribirse el texto en versión española, cuando sólo se comenta una parte de un versículo. Facilitaría la comprensión, por ejemplo, de la perícopa de 1Sam 10,21b-27. Algún que otro error tipográfico he sorprendido (véase p.103).-

miércoles, 2 de junio de 2010

De donde procede la Editorial Espigas

Los franciscanos, por su propia naturaleza, se han caracterizado como una institución religiosa eminentemente popular. Su predicación, su ámbito cultural, sus tareas educativas y asistencia espiritual se han ido desenvolviendo generalmente en función de una sociedad de estratos sociales medio y bajo, y en consecuencia, han mantenido un marcado interés y preocupación por la formación e instrucción de los sectores más modestos de la sociedad.
En la Provincia de Cartagena, la actividad de sus religiosos franciscanos no sólo se restringía al ámbito regional del sureste español, sino que se proyectaba hacia América, Tierra Santa, Marruecos y Filipinas, y a mediados del siglo XX, en China y Japón, significando esta ramificación misional una “prolongación murciana”. En todos sus ámbitos geográficos, sus religiosos han empleado la predicación popular y la difusión gráfica como medios imprescindibles de formación e instrucción cultural y religiosa popular así como de la publicación de manuales para sus casas de estudio, como de obras de elaboración teológica y filosófica, moral e historia, además de catecismos, gramáticas, sermones, hojas sueltas, etc. para la enseñanza e instrucción de sus religiosos.
Publicaciones del Instituto Teológico de Murcia OFM
Desde 1983 la Editorial Espigas y Azucenas promueve las publicaciones del Instituto Teológico en sus tres series: Mayor con 52 libros (1983- ); Menor, 23 libros (2009) y Textos, 3 cuadernos (2006). También, como expresión de los estudios de Licenciatura en Teología Fundamental, se están editando los Cuadernos de Teología Fundamental (2006-) y los Cuadernos sobre Religiosidad y Monasterios (2009-)

Este blog nace con el deseo de mostrar las recensiones que de los libros editados por la editorial se realizan en revistas teológicas de todo el mundo. que de otra forma serían desconocidos para el público en general